Gatto selvatico (Felis silvestris lybica var. sarda, Forster 1780)
Nome sardo: Gattu aresti
Grado di protezione: categoria di minaccia Vu, Criterio IUCN C2b, protetto L.R.23/98.
Fattori di minaccia: ibridazione, riduzione dell’habitat, bracconaggio.
Il gatto selvatico sardo è l’unico felide appartenente alla fauna sarda. Le conoscenze su questo mammifero sono scarse e frammentarie. Anche l’esatta posizione sistematica non è ancora ben chiara anche se recenti indagini genetiche sembrano dimostrare che sia il gatto domestico che quello selvatico europeo ed africano appartengano alla stessa specie polimorfica, differenziandosi solo a livello sottospecifico (Felis silvestris catus, F.s.silvestris e F.s. lybica). Il processo di domesticazione dal gatto selvatico (F.s. lybica) è probabilmente iniziato migliaia di anni fa in Nord Africa e in Asia sud-occidentale.
Le ultime analisi filogeografiche (Driscoll et al. 2007, Macdonald et al.2009) suggeriscono che quello dei gatti selvatici è costituito da cinque gruppi sottospecifici: il gatto selvatico africano (F. s. lybica Forster, 1780), il gatto selvatico asiatico (F. s. ornata Gray, 1830) , il gatto selvatico europeo (F. s. silvestris Schreber, 1775) con l’ulteriore recente riconoscimento del gatto selvatico dell’Africa australe (F. s. cafra Desmarest, 1822) e del gatto della steppa alpina cinese (F. s. bieti Milne-Edwards, 1872) .
Il gatto selvatico sardo, assegnato al gruppo lybica sulla base di prove morfologiche e genetiche (Ragni 1981, Ragni e Randi 1986, Ragni e Possenti 1996, Randi et al 2001), sembrerebbe arrivato in Sardegna con l’uomo nel Neolitico (Gippoliti and Amori 2006, Macdonald 2004, T. Viago in litt. 2009) e solo successivamente sia andato incontro a inselvatichimento.
Analisi storica
Anche le notizie “storiche” sono molto frammentarie. E’ molto probabile oltretutto che sovente l’osservazione di gatti domestici rinselvatichiti si sia sovrapposta a quella dei gatti selvatici puri, inficiando la validità delle informazioni. Interessante a tal proposito quanto affermato dal Cetti (1774) nell’opera “Quadupedi di Sardegna”: “D’ogni colore si pigliano gatti nelle selve, nelle rupi, bianchi, neri, vari. Fra questi si trova ancora il vero gatto selvatico….”. Nel 1908 P.Mola in una comunicazione alla Società Zoologica Italiana descrive la presenza di una improbabile Lince sarda.
Il Gatto selvatico sardo viene comunque descritto regolarmente da Angius in Casalis (1833-1856) e Ghigi (1911) avente un’ampia distribuzione ed una buona consistenza. Nel 1976 fu condotta un indagine (Cagnolaro e Spagnesi) da cui emerse che il gatto selvatico era presente nell’isola nei territori di ben 166 Comuni. Dalla stessa inchiesta risulterebbe inoltre che a cavallo tra il 1962 ed 1972 nell’isola sarebbero stati abbattuti circa 3000 esemplari. Gli stessi autori sottolineano del resto che tale cifra era senza dubbio comprensiva di gatti domestici rinselvatichiti.
Caratteristiche distintive
Nel gatto selvatico sardo il disegno permanente presente nel gatto selvatico europeo (quattro strie nere nella regione occipitale, due in quella scapolare e una dorsale che raggiunge la radice della coda) appare molto ridotto. Anche quello evanescente, costituito da strette bande che percorrono la faccia laterale della regione toracica, unitamente a macchie piene e irregolari, nel gatto selvatico sardo risulta poco definito, fino alla totale scomparsa (trino). Rispetto al colore di fondo si possono riconoscere due fasi principali, una fulvo-grigia e una fulvo-bruna. In ogni mantello è comunque evidente una dominante scura dei toni e dei colori con una particolare accentuazione nella regione occipito-cervicale, negli apici dei padiglioni auricolari, nella superficie ventrale dei piedi. Sulle facce laterali del tronco si può osservare, nel colore di fondo, una sorta di brizzolatura bianco-argentea; questa caratteristica è particolamente evidente nei mantelli invernali. La presenza di peli apicali nei padiglioni auricolari non costituisce un elemento distintivo del gatto selvatico, essendo talvolta riscontrabile anche nel gatto domestico.
Geonemia
Allo stato attuale non si conosce esattamente quale sia l’esatta distribuzione del gatto selvatico nell’isola; sicuramente si può affermare che essa è frammentata, coincidendo le con le principali estensioni forestali. In base alle fonti bibliografiche( Condè 1972, Sthal 1986, Sthal et al. 1988, Genovesi e Boitani 1993) ed agli studi effettuati nell’isola (catture/marcaggio/ ricatture, analisi di individui morti, tecniche radiotelemetriche, ) (Murgia et. all. 2005, Murgia et all. 2007) si può infatti affermare che allo stato attuale il gatto selvatico sardo sia una specie fortemente legata agli ambienti forestati (macchia foresta, bosco). Uno studio effettuato all’interno della foresta del Sulcis relativa l’uso dell’habitat (indice di elettività di Ivlev) ha messo in evidenza, su un campione di otto gatti dotati di radio collare, la preferenza per gli ambienti a macchia alta e vegetazione riparia. Non è dato sapere se tali caratteristiche ecologiche siano quelle originarie o sia andato incontro nel corso dei secoli a processi di adattamento. Sicuramente queste aree rappresentano delle roccaforti che favoriscono la presenza di popolazioni ancora geneticamente e fenotipicamente isolate, costituendo una sorta di barriera ecologica nei confronti dei gatti ferali che comunque ormai sono presenti con popolazioni stabili ed autonome in ambienti naturali.
Cartina di distribuzione del Gatto selvatico in sardegna
Biologia
Il gatto selvatico sardo è sensibilmente più piccolo rispetto a quello europeo; rilievi biometrici eseguiti sui 36 individui adulti, provenienti da varie parti della Sardegna hanno evidenziato dei valori di peso medio nei maschi pari a gr.2.632 (3.380-1.950) e di 1.875 (2.400-1.400) nelle femmine. Esso viene descritto come prevalentemente notturno ed inattivo durante le ore diurne. Sulla base dei pochi studi specifici effettuati nell’isola (radiotelemetria, fototrappolaggio) è emerso invece che l’attività diurna, soprattutto in alcuni esemplari, era particolarmente frequente, specialmente nella stagione invernale.Strettamente carnivoro, si nutre prevalentemente di piccoli mammiferi (fino alle dimensioni di un coniglio) ed uccelli. Durante la stagione estiva si ciba anche di insetti.
La stagione degli amori inizia generalmente nel mese di gennaio e prosegue fino a marzo. La durata media della gestazione è di 66 giorni ; le cucciolate variano tra i due ed i quattro nati. Età alla maturità sessuale è di 10-12 mesi per le femmine e 9-10 mesi per i maschi, mentre la longevità è eccezionalmente fino a 15 anni, ma più in genere fino a 6-8 anni
Minacce
La frammentazione degli habitat, la riduzione delle loro superfici, la creazione di barriere ecologiche e l’uccisione diretta degli individui sono tra le principali minacce alla popolazione di gatto selvatico, ma il pericolo maggiore è senza dubbio quello dell’ibridizzazione delle popolazioni di gatto selvatico con il domestico. Secondo alcuni autori, a causa di questo motivo, (Nowell and Jackson 1996, Macdonald et al. 2004, Phelan and Sliwa 2006, Driscoll et al. 2007) rimangono ancora nel mondo pochissime popolazioni di gatto selvatico geneticamente pure. Il gatto ferale inoltre compete con il selvatico per le prede, per lo spazio e può essere veicolo di malattie. Il gatto selvatico sardo è sicuramente più vulnerabile in ragione sia di una maggiore affinità verso il gruppo catus sia per il suo isolamento geografico. Le piccole popolazioni sono inclini a gravi perdita di fitness e di potenziale evolutivo, tanto da poter essere soggette ad estinzione, nel breve o lungo periodo. Appare pertanto estremamente importante garantire in questa importantissima area della Sardegna sud-occidentale, la foresta di sclerofille più estesa del mediterraneo, rivelatasi una roccaforte per la specie, una gestione ambientale ed ecologico-funzionale finalizzata a garantire le condizioni per una popolazione vitale con un adeguato flusso genico. Fra i primi obiettivi di riferimento occorrerà effettuare nell’area vasta, andando anche oltre il perimetro del Parco Naturale Regionale di Gutturu Mannu, un’analisi dei relativi pattern di abbondanza, di distribuzione ed ecologici (radiotelemetria) della specie. Ciò consentirà di acquisire delle importanti informazioni di base per l’elaborazione di strategie di conservazione funzionali a determinati parametri spaziali e qualitativi dell’intero ecosistema andando inoltre a identificare popolazioni di gatti selvatici geneticamente puri e tentare di prevenire l’ibridazione sterilizzando e rimuovendo i gatti domestici rinselvatichiti.
Nell’area del Sulcis un’altra minaccia è rappresentata dal bracconaggio. Prima dell’arrivo degli uccelli migratori infatti gli uccellatori “bonificano” le aree in cui andranno a posizionare i lacci per la cattura degli uccelli posizionando specifici lacci di acciaio per la cattura dei mammiferi predatori (volpe, martora, gatto slvatico). Altri gatti rimangono intrappolati nelle reti.
Il gatto selvatico è inserito nell’Appendice II della CITES, nell’Allegato IV della Direttiva habitat e nella Convenzione di Berna (nell’Appendice II). In Sardegna è compreso tra le specie di fauna selvatica particolarmente protetta ai sensi della L.R.23/98a.
Per la definizione dello status di conservazione a livello mondiale il sistema di categorie e di criteri della Red List of Threatened Species della IUCN inserisce il gatto selvatico tra le specie Least Concern (specie a minore preoccupazione). Tale “rischio minimo”, deriva dal fatto che vi sono grandi e stabili popolazioni nella porzione orientale della regione europea. La categoria “Least Concern” può comunque essere fuorviante, perché, anche se il gatto selvatico è probabilmente il più diffuso felide, pur tuttavia è seriamente minacciato in alcune aree per la perdita di identità genetica dovuta all’ibridazione con gatti domestici. Inoltre, numerosi autori ritengono che le popolazioni presenti nelle isole del mediterraneo (Creta, Sardegna, Corsica) e afferenti al gruppo lybica, siano tra le popolazioni attualmente più in pericolo in Europa In effetti queste sottopopolazioni sono unità significative per la conservazione e nel prossimo futuro potrebbero essere inserite in una categoria minacciata (vulnerabile, in pericolo o in pericolo critico).
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